Un creativo giunge alle conclusioni prima che le conclusioni giungano a lui.
Probo ed esausto sa che solo stando fermo può andare abbastanza veloce da non raggiungere il secondo sentiero. La sua fame leonina vede al di là del frugale pasto, lambisce l’oltre come l’acqua asciuga l’arida laguna.
Fuggire sarebbe arduo ma restare porterebbe il creativo alla stregua del più povero nobile.
A guisa di pecora, il creativo affonda il proprio verbo nelle mosce carni dei più ripugnanti e vendicativi forestieri, incurante del benigno male che tramonterà nel suo fervido e imperiale impegno.
Generale sulla giacca, generale l’occhio, in generale ci sta.
Perso il vincente, recupererà lo sconfitto facendolo strisciare sulle sue frananti paure e chiedendo venia al polso del redento peccatore.
Inverecondo è sinonimo di creativo ma magnanimo ne è l’eclissabile significato.
A ciò che pur sforzandosi non varca le maglie del colino dopo l’insolente spremitura del creativo vien donato il titolo di creatore; troppo grande per l’immenso e troppo piccolo per il nulla.
Un creativo in declino preferirà risciacquare i brandelli del proprio spirito e lasciarli asciugare al calore dell’infinita fiamma purché il suo udito non sia pelato dall’appellativo “creatore”.
Pavido nel farneticare e sornione nel scrutare, il creativo allappa il palato della sua anima con il denso scibile che lo pettina.
Tecnico il creatore, tattico il creativo.
Un creativo sobilla l’umile e infeconda plebe col sol silenzio, forte del bagliore della sua mente e traviato dal lampante calo del siero primordiale perirà per la vita eterna.